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di Giuseppe Verrini, 17 febbraio 2014

Sugne (in italiano Sogno) è il primo disco della Sossio Banda, gruppo nato dalla volontà di Francesco Sossio Sacchetti, sassofonista, autore, compositore, già membro per diversi anni della band di Enzo Avitabile, che, dopo aver realizzato un interessante album, Muretti a secco – Voci di Puglia (2007), decide di formare l’attuale gruppo, composto da altri sei musicisti, che dopo anni di intensa attività live e numerosi riconoscimenti e premi nell’area folk-world, arriva ad incidere questo primo lavoro.
L’album è composto da undici brani, tutti scritti da Francesco Sossio e arrangiati dalla band, da cui emerge il grande amore per la propria terra, la Murgia, in un lavoro ricco di richiami alle tradizioni popolari, alla terra e al mare, con musica popolare, ritmi e percussioni ma anche intense melodie.

Siamo in territorio folk-world mediterraneo con spruzzi anche di rap; i testi sono tutti in dialetto, bello, ma un po’ ostico ai più; tuttavia non bisogna preoccuparsi perché nel libretto c’è la traduzione in italiano e anche in inglese. I versi rispecchiano un forte impegno sociale raccontandoci con rabbia ma a volte anche con dolcezza di guerre, ingiustizie, sfruttamenti, sofferenze, speranze, omertà, duro lavoro, inquinamento, immigrazione, e di tragedie in mare. 
Il suono è molto ricco, intenso, travolgente, denso di voci e cori, c’è una vasta presenza di ospiti di diverso tipo, dal quartetto d’archi, all’orchestra, alla banda di paese, al coro di voci bianche che rendono il lavoro molto vario, ricco di diverse essenze e profumi che toccano le sponde occidentali e orientali del mediterraneo e che vanno anche oltre, tra suoni balcanici ed arabeggianti.

Grande inizio con la title track Sugne con sonorità in sospeso tra il deserto e il mare con i suoi ritmi arabeggianti e gli splendidi cori, mentre il secondo brano Murgia è un atto d’amore alla propria terra, terra che soffre per inquinamento e sfruttamento ma è anche un invito al riscatto e alla speranza, tra gran spolvero di fiati, ritmi frizzanti e movenze quasi rap. 
Ci sono momenti che sembrano usciti da un disco di Goran Bregovich, come in Ammìdie (L’invidia) con la presenza di una banda di fiati, l’uso di scacciapensieri in Addòu fernèsce u Sud (Dove finisce il sud) manifesto contro la guerra, l’esplosiva Alì Alì (Olive olive) dal ritmo incalzante, tra rabbiosi fiati e una dolce fisarmonica, l’intimista La strède de sèmbe ( La strada di sempre) con un quartetto d’archi e un quasi recitato, isola tranquilla tra i vulcani di suoni degli altri brani come La sagre de le strumìnde (La sagra degli strumenti) o la Schiève senza padrune (schiavo senza padroni) scatenata e coinvolgente taranta, che trascina al ballo ed è praticamente impossibile restare fermi. 
Disco “meticcio”, traboccante, complesso, moderno, un ponte tra popoli e culture molto diverse, di non sempre facile comprensione e lettura, che riserva però interessanti e ricchi momenti sia musicali che nei testi, sempre di grande impegno civile e sociale. Da segnalare che con l’acquisto di questo cd si contribuisce alla gestione della cooperativa Terre Joniche–Libera Terra che lavora i terreni confiscati ad Isola di Capo Rizzuto e Cirò e si dà sostegno alla rinascita delle terre sottratte alle mafie.