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Un bel disco dedito ai nostri vizi , quelli capitali, quelli che rendono l’uomo di una fragilità che ha tanto di romantico e di prezioso.

Sono 10 gli anni di carriera della Sossio Banda che festeggia con questo disco di 7 inediti (come 7 sono i vizi capitali) dal titolo emblematico Ceppecàt, pubblicato da Italysona e che ha doppia valenza di significato ma che in soldoni sembra in tutto e per tutto celebrare l’importanza del difetto.
Tradizione popolare, tradizione bandistica pugliese ma anche grande contaminazione balcanica, greca e non solo ovviamente. Ceppeccàt  è un disco di sabbia e di pop, di uomini e di congetture, di credenze e di un futuro non troppo futuristico.

Intervista alla Sossio Banda

Tradizione Vs contaminazione. I puristi da un lato, gli avventurieri dall’altro. Questo disco mi pare faccia la parte del diplomatico. Siede al centro… senza ignorare nessuno. Sbaglio?

Rispondo con una serie di domande per cercare di centrare la risposta: Cos’è la tradizione? Uno stile, un genere, un periodo storico? C’è un inizio, una fine, una data di riferimento? Oggi è possibile scrivere un pezzo tradizionale? Se si, quali caratteristiche dovrebbe avere, quali strumenti utilizzare e quali forme e armonie musicali?
Sinceramente io non riesco a rispondere alla maggior parte di queste domande e personalmente credo che ci sia un errore di fondo e cioè quello di associare la tradizione al passato, agli usi e ai costumi, a qualcosa di antico e superato, o presente solo nei racconti degli anziani.
Per le genti che vivevano il presente di quella che per noi oggi è tradizione, cos’era la tradizione?
Domande a cui non si sa e non si può rispondere. A mio modesto parere, la tradizione è qualcosa di vivo, di presente nel presente: il nostro dialetto, i nostri atteggiamenti e la nostra mentalità, il modo di ragionare e di esprimersi: la tradizione è il nostro Dna.

Certamente si rinnova, cambia faccia e modalità di espressione, ma in realtà noi siamo quelli che siamo stati e saremo in parte quello che oggi siamo: ora è tradizione.
Di certo per i puristi, soprattutto da un punto di vista filologico e musicale, noi non siamo un gruppo di musica tradizionale o popolare che dir si voglia. Come dargli torto? D’altronde noi non abbiamo mai detto o pensato di esserlo. Fondamentalmente suoniamo brani di nostra composizione creati con sensibilità e vissuto del XXI secolo e quindi operiamo in campi completamente diversi; certo usiamo gli stessi ingredienti per le nostre ricette (dialetto, ritmi, strumenti appartenenti alla musica popolare etc.), ma creiamo “delizie” differenti.
Non abbiamo mai avuto uno scontro con loro, anzi c’è sempre stato grande rispetto reciproco. Questo è un disco di un gruppo pugliese, murgiano, meridionale, mediterraneo, italiano; evidentemente non è un gruppo celtico, piemontese, anglosassone, americano o brasiliano.

Da cosa riusciamo a capirlo? Dalla radice, dalla tradizione che porta con sé, da sonorità, lingua e ambientazione.

Domanda ovvia ma inevitabile: perché i vizi capitali?

I vizi e mai le virtù, già presenti in alcuni scritti di Aristotele, ripresi e trattati dai monaci durante il primo Cristianesimo e catalogati come oggi li conosciamo da Tommaso d’Aquino nel Medioevo, ci hanno sempre raccontato chi è di volta in volta l’essere umano, creando un’opposizione forte della volontà dell’uomo alla volontà di Dio.
Questo argomento, che ci perseguita dalla nascita con il peccato originale e che ha visto condannare a morte migliaia di persone nei secoli, oltre ad essere estremamente intrigante e accattivante, ci ha dato lo spunto per parlare dell’uomo moderno e delle conseguenze talvolta disastrose che scaturiscono dall’abuso dei vizi, soprattutto da parte dei potenti, nel mondo di oggi; allo stesso tempo però nel disco c’è anche un’esaltazione di alcuni peccati, che non sempre sono negativi.
Ad esempio una delle caratteristiche dell’Ira è proprio quella di dar forza e voce ai popoli oppressi e a chi non ha più nulla da perdere, facendo venir fuori lati e caratteri nascosti e latenti inimmaginabili. Noi l’abbiamo usata anche per gridare al mondo le nostre ragioni, i nostri valori ricchi di messaggi di pace e di fratellanza contenuti nei nostri brani, anche attraverso la denuncia di comportamenti spesso disumani ed inaccettabili.

Ma soprattutto perché festeggiare con “loro” i vostri 10 anni di carriera? Quasi a chiederci: anni in cui i vizi non sono mancati?

Mi sembra un’ottima considerazione e in verità non ci avevo ancora pensato. Posso dirti però che sicuramente un grande vizio ha segnato questi 10 anni: il vizio di fare musica e di divertirci da matti con essa ovunque. Come già accennato prima, quello dei vizi è stato il pretesto per parlare dell’uomo moderno.

Il suono si fa beffa della scena elettronica e punta come sempre sulla tradizione bandistica. Quanta evoluzione ha vissuto questa dimensione della musica?

I nostri nonni, i nostri genitori, ci portavano sin da piccolissimi, a fare la passeggiata sotto la luminaria durante la festa del Paese, e lì al centro della festa, nella piazza principale, c’era la cassa armonica, un’enorme costruzione in legno che ai nostri occhi appariva enorme e affascinante.
Su quello strano palco pieno di luci, dalla forma tondeggiante, si esibiva la Banda: ottoni, legni, piatti, leggii e mollette e poi ancora la pedana del “Maestro” e in fondo, la grancassa e i timpani che facevano tremare e vibrare tutto quel legno e i nostri “piccoli pancini”.
Il suono della Banda ci accompagnava ininterrottamente per i due tre giorni della festa: la mattina, momento in cui girava per le strade accompagnato dalle campane che suonavano a festa, a mezzogiorno per il Matinée e alla sera per il concerto serale.
Le emozioni, la felicità, la gioia, l’infanzia legata a quel suono e a quel momento, ancora oggi che la festa è rimasta invariata, riaffiorano identiche a quando eravamo bambini. Ricordi e musica trattano gli stessi argomenti cioè le emozioni e quando questi due mondi si incontrano, possono dar vita a brani fortemente identitari, arricchiti dalle esperienze e dalla formazione dei musicisti coinvolti.
La Banda fa parte del nostro Dna, la maggior parte dei musicisti di strumenti a fiato pugliesi, ha cominciato con la Banda o perlomeno ha avuto un minimo di esperienza in quella realtà. Oggi la difficoltà maggiore è quella di formare nuovi giovani musicisti, interessati a suonare e studiare strumenti meravigliosi e rari come il trombone, la tuba, i vari flicorni, etc., perché, anche se le bande storiche e più famose resistono, vanno via via scomparendo le piccole bande di paese fondamentali per il primo approccio da parte dei bambini.
Tablet, smartphone e playstation purtroppo distraggono sempre più i ragazzi dallo studio della musica, sicuramente più impegnativo e sacrificante. Con la Sossio Banda cerchiamo di prendere il suono della banda e di “sporcarlo” un po’ con le tradizioni a noi più vicine, come quella dei Balcani, del Medio Oriente e delle culture del Mediterraneo in generale.

Parliamo della produzione di questo disco. Registrazioni che immagino siano state fatte in presa diretta? Quanto spazio avete lasciato all’editing, alle sovraincisioni… e quanto all’improvvisazione del momento?

Registrazioni in presa diretta in soli quattro giorni, rigorosamente live come si faceva una volta e con qualche sovraincisione di fiati e voci fatta a posteriori. È stata fatta una scelta ben precisa a monte, perché negli anni ci siamo resi conto che il meglio riusciamo a darlo durante il live grazie alla grinta, all’espressività e all’adrenalina; e quindi ci siam detti: “perché non facciamo un disco suonato tutto in presa diretta, in cui vien fuori tutta l’energia della Banda?”, e così è stato.
Suonare senza pubblico in una sala d’incisione, non è certo la stessa cosa, ma le corde delle anime dei musicisti della Banda cominciano a suonare per simpatia tanto per usare un termine musicale, nel momento in cui al “quattro” si attacca; accade qualcosa di unico che mette tutte le sensibilità degli esecutori sulla stessa frequenza e così prende forma la magia del live.
Credo che sia stata una scelta azzeccatissima, si sente tutto il sapore live delle registrazioni che hanno indubbiamente un’altra carica, un’altra energia rispetto alla registrazione a tracce separate. Non abbiamo lasciato nulla al caso e anche le parti improvvisate, erano state precedentemente programmate in sala prove. Inoltre, anche per l’incisione dell’album siamo stati coerenti con la scelta un po’ “vintage” del Concept album ormai caduto in disuso.