15 Ottobre 2020
By Cristina Maresca
I Sossio Banda festeggiano i 10 anni di carriera con il concept album intitolato “Ceppeccàt”, un lavoro che riflette attraverso tammurriate e tarante sull’origine di mali, azioni deplorevoli e crimini, frutto dei sette peccati capitali.
L’album denuncia i vizi dell’uomo moderno e le efferatezze commesse da coloro che detengono il potere. È un disco impegnativo ed intenso, in cui la band pugliese fa perno sul valore artistico e musicale della propria tradizione regionale per dar luogo ad un progetto discografico che disegna un excursus antropologico e sociale della figura umana.
L’avaro, il primo singolo estratto dall’album, è un coinvolgente pezzo folk dalle sonorità mediterranee che descrive l’avarizia come uno dei vizi peggiori che affligge il nostro tempo. Da quali ispirazioni nasce il pezzo ed il video?
«L’uomo afflitto da questo vizio è un personaggio molto strano e ambiguo, che vive perennemente un conflitto interiore burrascoso, diviso tra la gioia e la smania di possedere e il timore di perdere se stesso le ricchezze accumulate. Spesso conduce una vita da miserabile per poi morire da ricco e lasciare che gli eredi godano dei suoi averi; rimanda sempre a domani quello che potrebbe fare e spendere oggi, poiché per lui il distacco dalle proprie cose è sinonimo di sofferenza e malessere. La morte è in assoluto il momento più drammatico e devastante della sua esistenza: rappresenta la separazione definitiva dal sé, ma sarebbe al tempo stesso, il punto di massima libertà e gioia in cui vengono rotte le catene dell’egoismo e della paura; “se solo sapesse che un domani non c’è”, realizzerebbe tutti i propri sogni. Paradossalmente non sempre l’avaro è una persona ricca e benestante; spesso appartiene al ceto medio-basso che afflitto dall’angoscia di perdere, oltre che ricchezze anche identità, libertà, lavoro e diritti, pensa erroneamente che “il non dare” agli altri, anche in termini di affetto e sentimenti significa in qualche modo proteggersi e difendersi, ed è su questo che molta propaganda politica degli ultimi anni ha fatto leva per ampliare il proprio consenso. Fatta questa piccola premessa rispondo alla tua domanda.
Il pezzo nasce dall’osservazione degli esseri umani e dai loro comportamenti, spesso dettati dall’egoismo e dall’intolleranza verso l’altro, soprattutto verso chi viene da un’altra terra da un’altra cultura; l’avarizia dei sentimenti è l’aspetto più devastante di questo vizio.
Alla ricchezza materiale, si contrappone la povertà spirituale dell’uomo afflitto da questo vizio, ed è questo anche il senso del video: un giovane che crede di condurre una vita serena incontrando amici al bar, corteggiando e danzando con una ragazza bellissima ma si ritrova inevitabilmente solo nel momento in cui comincia a rincorrere il denaro che rappresenta proprio l’egoismo e la povertà d’animo. Il video è stato ideato e realizzato da Sergio Grillo, regista ed operatore cinematografico foggiano, tra i migliori presenti sul territorio nazionale, che da sempre collabora con la Banda e che ispirato dalla nostra musica e dal testo, è riuscito a creare una sorta di cortometraggio musicato bellissimo ed originale».
Ammìdie (Invida) è un brano in dialetto pugliese, in cui il folk incontra la musica popolare. Il pezzo contiene la strofa di un canto popolare dell’Irpinia. L’incontro tra culture e tradizioni vi affascina?
«Questo brano è un po’ l’emblema della Sossio Banda che attualmente è composta da tre musicisti pugliesi (Francesco Sossio, Loredana Savino e Pasquale Barberio) e tre iripini (Valter Vivarelli, Giovanni Montesano e Daniele Castellano). Il pezzo è un mix tra tradizione bandistica pugliese, folk e musica popolare; il passo in lingua irpina non è esattamente un canto popolare bensì una formula magica per scacciare il malocchio. Il tutto è insaporito da sonorità e scale che ci riportano ai Balcani con un accenno di swing sul finale. L’incontro tra le culture e le tradizioni è il nostro punto focale, è proprio quello che cerchiamo, esploriamo, studiamo e trasformiamo in musica, ed è l’essenza stessa della World Music, genere in cui ci identifichiamo. È mondo che vorremmo dove razze, nazionalità, identità differenti si trovino a dialogare, a mischiarsi a vivere e convivere in pace, così come accade nel mondo musicale. Se la Terra e gli esseri umani fossero un po’ più musica, sicuramente vivremmo in un mondo migliore.
Ira è un altro brano folk dalla sonorità balcaniche in cui viene interpretato quel peccato capitale che ha determinato, nei secoli, le guerre più sanguinose. È tra i brani più pungenti!
È il brano in cui più si respira la vicinanza dei Balcani alla Puglia: le scale utilizzate, la varietà dei tempi su cui il pezzo è costruito, l’utilizzo di ottoni e legni. Non possiamo tralasciare il fatto che la costa pugliese è vicinissima a quella Albanese, poco più di 200 km in linea d’aria; Bari è molto è più vicina a Durazzo che a Roma per intenderci me quindi è inevitabile l’influenza reciproca che le popolazioni che abitano le due sponde dell’Adriatico hanno. Quanto all’Ira, il brano è un’esaltazione della stessa perché una delle sue caratteristiche è quella di dar forza e voce ai popoli oppressi e a chi non ha più nulla da perdere, facendo venir fuori lati e caratteri nascosti e latenti inimmaginabili. Non ci sarebbero state la Rivoluzione francese, la resistenza italiana e le centinaia di conquiste e sommosse popolari in giro per il mondo nei secoli, senza la spinta fondamentale dell’Ira. Noi l’abbiamo usata per urlare al mondo le nostre ragioni, i nostri valori ricchi di messaggi di pace e di fratellanza contenuti nei nostri brani, attraverso la denuncia di comportamenti spesso disumani ed inaccettabili.
Avete preso parte a numerosi Festival di World Music, che rappresentano occasioni di incontri e scambi dal punto di vista artistico e musicale. Cosa hanno significato per voi questi eventi?
«Questo tipo di eventi, oltre a darci la possibilità di far conoscere la nostra musica in quello che è l’habitat naturale della Sossio Banda, sono fondamentali ed indispensabili per la nostra crescita artistica e creativa; l’energia e la forza per migliorarci e andare avanti al ritorno da un Festival, non hanno eguali nel nostro cammino musicale. Una formazione come la nostra, che vive e si autoalimenta per lo più con Live e concerti, in questo periodo di stop dovuto all’emergenza sanitaria del Covid19, è andata molto in sofferenza. Noi musichiamo e scriviamo quello che viviamo e il non poter viaggiare, incontrare gente e visitare luoghi ha portato inevitabilmente ad un blocco anche creativo della nostra attività. Sono sicuro però che alla ripresa, avremo una spinta e una forza incredibile, mai avuta fino ad ora».
Come rappresentanti della Puglia avete partecipato ai festival in Spagna, Portogallo, Francia, Marocco, Egitto. Quanto hanno influito questi viaggi musicalmente?
«Non di rado, al ritorno da questi grandi eventi sono nate nuove composizioni e collaborazioni con musicisti e formazioni musicali provenienti dai luoghi in cui ci siamo esibiti, e indubbiamente i luoghi che hai citato sono presenti nelle nostre composizioni. Viaggiare e suonare per noi vuol dire vivere, comporre e creare, quindi sono attività fondamentali per la sopravvivenza della Banda stessa. Noi non siamo un gruppo da studio di registrazione o da mura domestiche; anche il disco lo abbiamo registrato Live come si faceva una volta, perché crediamo che in quella dimensione riusciamo a dare il massimo. Abbiamo un bisogno vitale di palchi, pubblico, viaggi e grandi eventi.
La Sossio Banda è stata fondata nel 2008. Come è nato il gruppo?
«Il gruppo è nato in seguito ad una ricerca sui canti di lotta e lavoro nella Puglia del ‘900 commissionata dalla CGIL Puglia in occasione del centenario del sindacato e del cinquantenario dalla morte di Peppino Di Vittorio. Il Lavoro si intitolava “Muretti a secco” e ha ricevuto negli anni numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio dell’ANCI e il premio “Lupa d’Oro” History Channel; è stato premiato soprattutto per la sua valenza storica ed etnomusiologica che ha visto nell’incontro generazionale tra anziani e ragazzi delle scuole, coinvolti nella ricerca, il suo punto focale. Il prodotto finale del progetto era costituito da un cofanetto con libro di raccolta canti, documentario di quarantacinque minuti in cui sono presenti interviste e testimonianze e un Cd musicale di sei tracce, di alcuni canti recuperati e rivisitati.
Per registrare il disco si è riunita la prima formazione della Sossio Banda e poi come si dice, “ci abbiamo preso gusto”. Oltre ad un feeling particolare tra i musicisti, cominciavano a venir fuori le prime composizioni originali che pur avendo ancora un forte legame con la tradizione, pian piano se ne distaccavano, dando vita a quello che sarebbe poi diventato il suono tipico della Sossio Banda. Poi c’è stato il primo Album “Sugne” del 2013 un album molto variegato formato per lo più da composizioni originali che ci ha dato moltissime soddisfazioni e ci ha portato in giro per il mondo; oggi è il momento di “Ceppeccàt”…».
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